ACQUA E FINANZA. MATRIMONIO PERICOLOSO

28 Set, 2020 | Analisi e commenti

acqua e finanza

Entro fine 2020, CME Group quoterà un contratto future sull’acqua, simile a quelli che esistono per l’oro o il petrolio. È un tabù che si spezza. Abbiamo chiesto un parere a Gruppo Cap, Acquedotto Pugliese, Acque Bresciane e Como Acqua.

È passata un po’ sotto traccia qui in Italia. Ma la notizia che CME Group, una società finanziaria con base a Chicago (Usa), lancerà entro fino anno un “future” sull’acqua è senza precedenti.

https://www.cmegroup.com/media-room/press-releases/2020/9/17/cme_group_to_launchfirst-everwaterfuturesbasedonnasdaqvelescalif.html

Facciamo chiarezza: cos’è un contratto future? E’ uno strumento finanziario che ha come oggetto l’acquisto o la vendita di un bene in futuro a un prezzo concordato oggi. Oro e petrolio sono tra le materie prime più diffuse trattate dai “future”, oggetto di speculazioni su scala mondiale. Ma l’acqua? A noi l’idea, per dirla semplice, che sarà possibile scommettere sulla crisi idrica facendola diventare occasione di profitto fa davvero impressione. Lo stesso CME Group, nella sua presentazione, suggerisce che il valore dell’investimento è “destinato a salire, sulla spinta del cambiamento climatico, dell’inquinamento e della crescita demografica”.

Lo sappiamo, l’incrocio tra economia, società e ambiente è materia complessa. Scorciatoie e giudizi affrettati non aiutano: per questo abbiamo fatto un rapido giro di orizzonte con alcuni professionisti che operano in aziende legate al sistema idrico nazionale.

“Io non sono pregiudizialmente contrario a una finanziarizzazione del settore delle utility e dell’idrico in particolare” ci dice Matteo Colle, responsabile delle relazioni esterne e della CSR del Gruppo CAP. “Quotazioni e raccolta sul mercato sono funzionali alla crescita del settore. Ma questa scelta della CME è un passo avanti che è difficile da valutare nelle sue conseguenze”. Quindi ci sono aspetti positivi e negativi? “Sì. Da un lato un future sui diritti di prelievo potrebbe – solo se il contratto arrivasse davvero a scadenza e la leva sottostante venisse scambiata davvero – ridurre e mettere sotto controllo il rischio legato al cambiamento dei prezzi nel medio termine. Dall’altro, essendo un future e quindi scambiato sul mercato, la conseguenza è di trasformare un bene (per altro legato a un monopolio naturale) in un prodotto finanziario di natura speculativa. E questo è oggettivamente pericoloso”.

Netta la posizione di Francesco Esposto, responsabile sostenibilità e innovazione di Acque Bresciane. “Sono molto perplesso, per non dire contrario, rispetto al fatto che il bene comune acqua possa essere oggetto di speculazione finanziaria e che possa essere, quindi, in mano a pochi e non in favore di tutti. Il future è uno strumento finanziario che, anche rispetto ad altri, può essere interessante su certi beni, ma non per un bene primario come l’acqua. Rispetto a quanto ho letto, peraltro, non mi è chiaro che durata possa avere questo future e, se fosse relativamente breve, perderebbe la sua efficacia. Mi pare tutto molto azzardato.  L’acqua non deve essere oggetto di finanziarizzazione. Anzi, il settore dovrebbe avere una regolamentazione e un controllo maggiore (ed unico) rispetto a tutti gli altri beni”.

“A mio avviso” aggiunge Enrico Pezzoli, presidente di Como Acqua “questa notizia ci permette di trarre due conclusioni: la prima è la conferma che il cambiamento climatico in atto, l’inquinamento e la crescita demografica incidono sempre più pesantemente sulle risorse idriche mondiali, prospettando una crisi a livello planetario fra pochi anni. La seconda invece è l’ammissione che si sta infrangendo un tabù – in Italia temutissimo come dimostrò il referendum sull’acqua pubblica – che questo bene diventi una mera merce, oggetto di fluttuazioni di mercato e possibile vittima di speculazioni finanziarie in base al meccanismo della domanda e dell’offerta”.

Per Luigi De Caro, responsabile Affari Regolamentari e Bilancio di Sostenibilità di Acquedotto Pugliese “l’iniziativa americana è un segnale della sempre maggior importanza e strategicità di un bene prezioso e scarso come l’acqua, che sta assumendo effettivamente i connotati dell’Oro Blu di questo nuovo millennio. E gli scenari climatici globali, in peggioramento, favoriranno sempre più tensioni internazionali che potranno sfociare in speculazioni e guerre, a cominciare dai Paesi in via di sviluppo”.

CME Group, nelle sue note di annuncio, confida che questo future con il tempo possa avere una valenza globale, anche se al momento sembra focalizzarsi sul mercato statunitense. Ma in Italia la situazione come è? “Considerata la legislazione europea e italiana vigente – sottolinea ancora De Caro – dalle prime informazioni questa iniziativa non avrebbe possibilità di attuazione da noi. Tenuto anche conto che l’orientamento ampiamente prevalente nell’opinione pubblica è quello di considerare l’acqua come un bene pubblico essenziale che deve essere sottratto alla logica dei beni di mercato”. Della stessa opinione è anche Enrico Pezzoli. “Posso dire che nel nostro Paese non corriamo questo rischio e le aziende come Como Acqua ne sono la dimostrazione più lampante. Siamo una realtà pubblica che gestisce un bene comune di cui vogliamo garantire quotidianamente l’accessibilità e la qualità a ciascuno”.

L’assemblea generale delle Nazioni Unite ha incluso già dal 2010 l’accesso all’acqua potabile tra i “diritti umani universali e fondamentali”. Ma, dieci anni dopo, il bilancio non è rassicurante. La finanziarizzazione dell’acqua potrebbe ostacolare ulteriormente gli investimenti nella disponibilità e sostenibilità della risorsa? E’ un pericolo che Matteo Colle indica in maniera esplicita. “La finanziarizzazione del rischio potrebbe indurre a una riduzione degli impegni di sostenibilità per l’acqua”. Anche Francesco Esposto sottolinea: “Future sull’acqua? Sono ben altre le scommesse da fare: in primo luogo, proprio conseguire l’accesso universale ed equo all’acqua potabile sicura e alla portata di tutti, come dichiarato anche nell’obiettivo 6 degli SDGs”.

Volevamo raccogliere anche la voce diretta di CME Group. Abbiamo scritto a Donald McCarthy, responsabile comunicazione per l’area EMEA dell’istituto finanziario, e ad Anita Liskey, responsabile comunicazione a livello corporate. Non ci hanno risposto. Se lo faranno, saremo lieti di condividere il loro punto di vista.