Anna Clark

Se avete tendenze progressiste avrete probabilmente già sentito parlare di George Lakoff. E’ professore di scienze cognitive e di linguistica a Berkeley ed è autore di Don’t Think of an Elephant!, un bestseller nella classifica dei libri del New York Times. Nonostante il suo dichiarato posizionamento politico, le ricerche di Lakoff possono essere utilizzate anche nel campo del business. In un recente incontro, gli ho chiesto di spiegarmi le sue idee sul modo di pensare degli americani e di dirmi qualcosa sulle tecniche con le quali i comunicatori green possono diradare la grande confusione che regna intorno al termine “sostenibilità”.

Lei è conosciuto soprattutto per i suoi scritti sull’importanza del framing nel dibattito pubblico. Quindi cominciamo con i frame. Cosa sono e come funzionano?

Partiamo dalla ragione e dal suo funzionamento. Se torniamo al Seicento e a Cartesio, il pensiero illuministico partiva dal presupposto che la ragione fosse cosciente, logica e razionale. Ma come abbiamo capito nei secoli che seguirono, il 98{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} della ragione è incosciente. Quindi, i frame sono i circuiti neurali incoscienti che stabiliscono il modo in cui pensiamo e parliamo. Sono costruzioni concettuali composte da metafore, da narrazioni e da emozioni. E fisicamente sono componenti del cervello. Non è possibile evitare il framing. L’unica questione importante è: di chi sono i frame che vengono attivati nel cervello del pubblico?

Che cosa attiva i frame?

Sono le parole ad attivare i frame. Ecco perché le parole sono così importanti. Una sola parola è in grado di attivare non solo il frame caratterizzante, ma anche tutto il sistema di riferimento in cui tale frame caratterizzante agisce. Al vertice del sistema dei frame vi sono frame morali, per cui quando si lancia una proposta sociale o politica, si dà per scontato che la si proponga perché è “giusta”. E’ quindi una sorta di approccio gerarchico, con la moralità in testa, capace di attivare tutto quanto sta nella parte superiore del frame. Poiché le ideologie politiche sono caratterizzate da sistemi di frame, il linguaggio ideologico attiva il sistema ideologico.

Ci insegnano che nel business è meglio non parlare di politica. Ma la polarizzazione della società è evidente e i gli esperti di marketing e comunicazione non possono non tenerne conto. Che cosa dovrebbero sapere i comunicatori della sostenibilità riguardo il modo in cui il pubblico filtra il linguaggio?

In America, operano due modelli di moralità, quello del “padre severo” e quello del “genitore premuroso”. La maggiore parte delle persone sono dei moderati e sperimentano entrambi i modelli nel corso della loro vita. Ma tramite l’uso del linguaggio del modello “padre severo”, i conservatori invocano continuamente un sistema di frame. E quando si attiva un circuito, si rafforzano le sinapsi. A livello fisico, si apre un numero maggiore di canali ionici.

Di conseguenza, se provi a utilizzare la ragione per contestare il pensiero dominante, non fai altro che rafforzare la posizione che vorresti invece confutare. E finisci per indebolire la tua. Non solo stai attivando uno specifico frame su una questione cruciale, ma stai rievocando tutto il frame morale della controparte.

Mi può dare un esempio di una parola che fa scattare una risposta “morale”?

Pensi alla parola “libertà”. Grazie all’uso del frame “moralità”, i conservatori hanno per così dire brevettato la parola “libertà”, tanto che oggi i progressisti si comportano come se avessero timore di questo termine. Prendiamo per esempio un’iniziativa politica ben conosciuta come il disegno di legge sulla Sanità negli Stati Uniti. Il sondaggista utilizzato da Obama identificò una serie di singoli provvedimenti, ognuno dei quali poteva contare su un tasso di popolarità tra il 60 e l’80{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622}, e tali provvedimenti diventarono gli assi portanti del disegno di legge. Eppure, nonostante l’alta popolarità di ogni singolo provvedimento, il piano complessivo riscosse il favore di solo il 50{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} degli americani. Come mai il piano complessivo è diventato impopolare quando i singoli provvedimenti che lo compongono godevano di un consenso molto più alto? Qualsiasi scienziato cognitivo le dirà che i singoli elementi che compongono un disegno politico non determinano la percezione del disegno nella sua interezza.

Ed è esattamente così che i progressisti hanno fatto autogol. Hanno concentrato l’attenzione sulla comunicazione dei singoli provvedimenti e dei relativi dati statistici. I conservatori, invece, hanno capito che la comunicazione ha a che vedere con la base morale. Quindi non hanno mai parlato dei singoli provvedimenti, ma hanno invece affermato che il disegno di legge, nella sua totalità, era una “questione di libertà e di vita”. Hanno parlato di un takeover del governo e di “tribunali della morte”.

E allora che cosa avrebbe dovuto fare Obama? Non avrebbe dovuto chiamare la legge la “Affordable Care Act.” Avrebbe dovuto denominare la legge utilizzando la parola “libertà”. E direi anche che i progressisti non devono rassegnarsi e dire “I conservatori si sono già accaparrati la parola libertà”. E’ troppo importante. Non dobbiamo lasciare che si prendano quella parola … Riprendiamocela, utilizzandola ripetutamente… Per esempio la libertà dai disastri meteorologici, dagli agenti inquinanti … Bisogna dare un nome specifico alle questioni ambientali e poi usare la parola libertà in maniera ripetitiva..

E per quanto riguarda l’indipendenza energetica?

Qui siamo su un terreno a dir poco accidentato. Si tratta di quello che nella linguistica viene definito un “concetto contestato”. Potrebbe sembrare un caso semplice, su cui tutti concordano, ma presenta invece caratteristiche complesse, e sistemi valoriali diversi indirizzano il significato in campi diversi, se non opposti. Così, se per un gruppo la questione della “indipendenza energetica” potrebbe significare “più energia rinnovabile”, per un altro gruppo potrebbe voler dire “trivellazioni a tutto spiano”. Il mio libro, Whose Freedom, spiega in dettaglio la centralità della nozione della libertà nella comunicazione.

Esistono molte trappole in cui può inciampare chi si occupa di comunicare idee e prodotti green. Qual è invece il segreto del successo?

Si vince utilizzando un proprio frame. Se in un’intervista con Fox News Channel [considerato un canale televisivo di destra, ndt] le chiedono, “Lei è favorevole alle agevolazioni fiscali?”, la sua risposta non deve rafforzare il frame della Fox. Deve dire, invece: “Sono a favore di un sistema pubblico di istruzione e sanità”.

In altre parole, lei consiglia di non sfidare la controparte usando il suo stesso linguaggio. Piuttosto è meglio raccontare una storia diversa.

Esattamente. Qualsiasi cosa tu faccia, non provare a smontare i miti comuni con un’argomentazione razionale. E’ peggio che inefficace. Ti dai la zappa sui piedi da solo, perché il solo fatto che citi il  frame della tua controparte, non fa che rafforzarlo.

C’è qualche campagna di sostenibilità che le sembra particolarmente efficace?

In termini di green marketing, in generale le campagne sembrano progettate per un pubblico progressista. Non cattureranno mai l’interesse dei conservatori, se sono incentrate sulla critica e se si dimenticano di far leva su un qualche tipo di “convenienza diretta”. Prendiamo per esempio tutto questo parlare della necessità di ridurre l’utilizzo dello zucchero. Il problema è che si lavora in modo stupido. Le campagne che prendono in giro le persone grasse sono un vero disastro. Sarebbe meglio dire semplicemente: “Lo zucchero è un veleno. Ecco come funziona il veleno. Smetti di avvelenarti. Prenditi cura di te stesso. Questa è una scelta che dipende da te”.

Perché c’è una continua confusione attorno alla sostenibilità?

Perché i conservatori hanno costruito un’infrastruttura incredibile, un sistema di comunicazione enorme, invisibile ed estremamente efficace. Tutto ciò è stato spiegato numerose volte ai progressisti, ma sembra che ben pochi ne comprendano il reale pericolo. Considerano tutto questo semplice propaganda e quindi non ne tengono conto.

Pensiamo invece all’American Legislative Exchange Council, un progetto coordinato di comunicazione programmato sull’arco di dieci anni per prendere il controllo del governo nazionale tramite cambiamenti legislativi all’interno dei singoli Stati. O il Leadership Institute dello Stato della Virginia: questa gente si considera una sorta di “crociato morale”. Sono convinti di essere dalla parte della ragione e agiscono secondo i propri principi. E da vent’anni formano le persone nell’arte della comunicazione conservatrice.

Che possiamo fare per comunicare meglio problemi complessi senza annoiare il pubblico?

Occorre capire che vi sono due tipi di causalità: diretta e sistemica. Ogni lingua del mondo incorpora la causalità diretta nella sua grammatica; nessuna lingua invece contiene la causalità sistemica nella grammatica. I climatologi sono i peggiori trasgressori perché capiscono e utilizzano la causalità sistemica nel proprio lavoro, ma nella comunicazione credono che “causalità” significhi solo causalità diretta. Non c’entra niente con le loro abilità scientifiche o con le loro capacità comunicative. Semplicemente non conoscono la scienza cognitiva di base.

Le racconto una storia: nel 2005 ero all’Aspen Institute, proprio dopo l’uragano Katrina. Erano presenti Gore e Kerry, ma il tipo più intelligente era lo stratega capo di Ronald Reagan, che sulle questioni ambientali era abbastanza progressista. Lo scienziato ci dà un’ottima lezione di scienza. Uno dei giornalisti gli chiede, “Il surriscaldamento globale ha causato l’uragano Katrina?” Uno scienziato non può dire che c’è una causalità diretta, ma quello che avrebbe dovuto fare era spiegare la catena degli eventi e poi collegare il tutto per dimostrare come Katrina fu causato in modo sistemico dal surriscaldamento globale. Devi sempre collegare tutti i puntini per il tuo pubblico.

Per chiudere, qualche consiglio per i comunicatori green?

Certo! Questo non è mica una causa persa. C’è molto da sapere e c’è molto da fare. Il miglior punto di partenza è però il cervello. Prima di preoccuparci a redigere l’ennesimo comunicato, cominciamo a studiare la scienza cognitiva.

Anna Clark è l’autrice di Green, American Style: Becoming Earth-Friendly and Reaping the Benefits e presidente di EarthPeople Media, casa editrice che opera  nei settori della sostenibilità e dell’innovazione sociale.

http://www.theguardian.com/sustainable-business/george-lakoff-green-marketing