TRM, l’ente che vede la partecipazione di Iren, della città di Torino e di una serie di comuni della cintura, ed il Dipartimento di scienze della terra dell’Università di Torino si sta infatti procedendo alla sperimentazione di processi di inertizzazione dei rifiuti combusti dell’inceneritore. Ogni anno il gigante del Gerbido, in funzione dalla primavera 2013, tratta 500mila tonnellate di rifiuti, ovvero buona parte della frazione non riciclabile prodotta a Torino e nei comuni della cintura. Circa l’80{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} esce dal camino sotto forma di fumi. Ma c’è un altro 20{f94e4705dd4b92c5eea9efac2f517841c0e94ef186bd3a34efec40b3a1787622} di materia – 90 mila tonnellate l’anno – che si deposita sul fondo delle caldaie: sono i residui della combustione. Finora queste ceneri venivano trasportate in discarica e smaltite. Trattate come rifiuti. «Le scorie, possiedono proprietà simili alle rocce eruttive, come basalto e granito, e sono impiegabili in materiali da costruzione», spiega Renato Boero, il presidente di Trm. Il riutilizzo delle scorie è un fronte non marginale in un settore, quello edile, sempre più attento alla sostenibilità dei processi di costruzione. Questi scarti, opportunamente trattati e resi inerti– e qui concorre il dipartimento universitario di scienze della terra – si trasformerebbero da rifiuti a materie prime seconde. Il vantaggio è almeno duplice: meno rifiuti in discarica, meno prelievo di materie prime. Il mercato delle costruzioni è sempre più attento all’impiego di queste materie “riciclate” che, tra le altre cose, garantiscono certificazioni e valore aggiunto, anche economico. Non a caso sono state utilizzate in alcuni degli edifici più innovativi degli ultimi anni, come il Bosco Verticale e i grattaceli di Porta Garibaldi a Milano.]]>