Investimenti verdi, attenzione al greenwashing

3 Set, 2021 | Focus Mondo

Influence Map: su 130 fondi climatici analizzati, il 55% non rispetta gli obiettivi dell’accordo di Parigi

“Non è tutto verde quel che luccica”. Potrebbe suonare così la rivisitazione moderna di un antico adagio che mette in guardia dalle apparenze. Il rischio greenwashing è sempre dietro l’angolo e – a quanto pare – gli investimenti verdi non fanno eccezione. Dopo il caso della società di fondi Dws, controllata di Deutsche Bank accusata di aver esagerato le credenziali ambientali o sociali dei prodotti, e il relativo crollo in Borsa (-13%), una ricerca riporta i riflettori sulla credibilità della finanza green. Il report di Influence Map, think tank che indaga le relazioni tra business, finanza e crisi climatica, si intitola “Climate funds: are they Paris aligned?” (“Fondi climatici: sono allineati all’accordo di Parigi?”). I risultati non possono dirsi né rosei né, tantomeno, green.

Un settore che necessita di regolamentazione

Lo studio Influence Map prende in esame 723 fondi, per un totale di 330 miliardi gestiti. Individuare gli investimenti verdi non è stato semplice per gli autori della ricerca a causa della mancanza di standard nel settore, che vede una proliferazione di fondi green ma poca regolazione sui criteri di appartenenza. Mancando una definizione universale per i prodotti di investimento sostenibili, i ricercatori hanno dovuto passare in rassegna fondi contraddistinti da diverse etichette, come “sostenibile”, “ESG”, “energia pulita”, “carbon free”. Alla fine di un processo di selezione e analisi, i fondi sono stati suddivisi in due categorie: una generica dedicata agli ESG, che ne comprende 593 e una focalizzata sul clima, composta da 130 fondi.

Meno della metà degli investimenti verdi è in linea con i target di Parigi

Dei 130 fondi climatici (67 miliardi di capitale investito), il 55% non è risultato in linea con gli obiettivi dell’accordo di Parigi, che – ricordiamo – impegna i Paesi firmatari a mantenere l’aumento di temperatura globale ben al di sotto dei 2° C. Solo 58 fondi di investimenti verdi sono risultati sostenibili a tutti gli effetti. Dei 72 disallineati, molti possiedono quote di aziende attive nell’energia fossile (come TotalEnergies, Kinder Morgan, Enbridge, Neste, Halliburton, Chevron e ExxonMobil). Fondi che difficilmente possono essere definiti green, anche se va fatto notare che la quota di capitale investito non è molto alta rispetto al totale di 67 miliardi investiti: si tratta “solo” di 153 milioni di dollari. Di questo gruppo, i fondi che si sono dimostrati più green sono quelli che investono in energia pulita.

Il gruppo dei “generici ESG” ha fatto ancora peggio. 421 di questi, il 71%, ha un portfolio negativo quando si prende in considerazione l’accordo di Parigi. Questi fondi, benché si presentino come investimenti verdi, in realtà sono ben lontani dal rispettare gli obiettivi globali sul clima. Sicuramente sono lontani dalle aspettative degli investitori, convinti di impegnare il loro capitale in fondi che, rispetto al mercato generale, presentano performance ESG migliori. Invece non è così: gran parte dei fondi presi in esame rispecchia la media del mercato rispetto agli obiettivi climatici.

Più che contraddizioni nelle strategie dei singoli fondi, la ricerca Influence Map mette in evidenza una mancanza di consistenza e trasparenza del settore. Così, per gli investitori rimane difficile capire se un fondo è davvero sostenibile e soprattutto quanto lo è rispetto alla media del mercato.

Micol Burighel

 

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