social marketer e gli attivisti si sono uniti nella ricerca di evidenze sistematiche e affidabili per promuovere comportamenti sostenibili. Ma se la comunicazione del cambiamento climatico è evidentemente una scienza essenziale, non potrebbe anche essere un’arte? Gli individui e le organizzazioni impegnati nella comunicazione del cambiamento climatico dimenticano facilmente che per la maggior parte delle persone la vita non consiste in una serie di comportamenti slegati che si possono spingere in una direzione più o meno sostenibile. Chiedetevi: quali sono le cose che vi fanno ridere, che vi ispirano, di cui parlate con gli amici? Per quasi tutti noi, si tratta di cultura, non di cognizione. È probabile, quindi, che per aumentare la sensibilità del pubblico sul tema, la mobilitazione delle nostre risorse culturali e creative possa essere tanto importante quanto i cambiamenti tecnologici o politici e, anzi, sembra che qualcosa cominci a muoversi. Ad esempio, nel mese di marzo il gruppo di beneficenza Do The Green Thing (persone creative e poco prevedibili) ha pubblicato una serie di manifesti sotto il titolo “creativity versus climate change“. Non sono prodotti severi o saccenti, ma provocazioni spiritose e che si ricordano proprio per quel motivo. Un congresso a giugno a Aberystwyth esaminerà le possibili sintesi tra la scienza e l’arte per rispondere al cambiamento climatico. Uncivilisation, un festival di musica, letteratura e racconti (organizzato da una rete di scrittori, artisti e pensatori alla ricerca di “storie nuove per tempi difficili”) festeggia la quarta edizione. Il gruppo di attivisti Platform continua ad opporsi ai rapporti di BP con la Tate Gallery utilizzando metodi innovativi come audio tour alternativi, per mettere in questione la legittimità della cultura sponsorizzata da imprese petrolifere. Anche organizzazioni come Artists Project Earth (artisti, scienziati, giornalisti, ambientalisti, cineasti e scrittori) lavorano da molti anni a favore delle campagne sul cambiamento climatico e sull’ambiente. Data l’importanza del tema, sorprende quanta poca sovrapposizione ci sia tra la scienza sociale della comunicazione sul clima e il mondo creativo. Che l’arte sia un veicolo per animare gli aridi sentimenti politici non è una novità ma, a parte qualche importante eccezione, al posto dell’energia creativa c’è solo un enorme vuoto. Esiste però un progetto che mira specificatamente a superare i limiti delle strategie tradizionali di comunicazione del cambiamento climatico (cioè, che raggiungono un gruppo solo molto piccolo della popolazione), con una miscela molto interessante di arte e scienza sociale. Il cosiddetto progetto Aspects è un tentativo di stabilire un collegamento tra il dibattito sul clima e la vita quotidiana tramite il mezzo dei racconti digitali. Il sito Aspects offre una serie di cortometraggi che mettono in scena persone che parlano delle proprie vite, delle condizioni meteo, delle proprie comunità e, indirettamente, del cambiamento climatico. L’aspetto interessante dell’approccio Aspects è che se il media utilizzato è interessante a livello culturale – film, racconti, aneddoti sul mondo che ci circonda – i contenuti dei cortometraggi entrano nel merito del climate change con buoni principi di comunicazione. La natura astratta e invisibile del cambiamento climatico prende forma tangibile grazie a queste storie di vita quotidiana, e il fatto che vengono raccontate da membri del pubblico, non da attivisti o ambientalisti, stabilisce una positiva relazione sociale.ositiva norma sociale. Tipicamente, si pensa che la sfida della comunicazione sul clima richieda evidenze sistematiche sugli atteggiamenti pubblici, modelli sofisticati di cambiamento comportamentale e l’applicazione rigorosa della ricerca scientifica sociale. È tutto vero, certo, ma ciò che cattura l’attenzione sono le storie delle persone, non gli obiettivi per le emissioni. La scienza della comunicazione del cambiamento del clima è essenziale per coinvolgere le menti delle persone, ma l’arte di coinvolgere la loro immaginazione è probabilmente altrettanto importante. di Adam Corner Fonte: The Guardian    ]]>