di Luca Valpreda

Enrico, vado subito al punto. Sappiamo che l’artista non ha alcun obbligo a trasmettere “valori” come – di questo stiamo parlando – una maggiore sensibilità all’ambiente e, in generale, alla sostenibilità. Ma perché sembrano pochi gli artisti genuinamente interessati al tema?

Vedi, i linguaggi artistici molte volte sono poeticamente avulsi da altri sistemi. Sono autoreferenziali e non si occupano direttamente del mondo che li circonda, ma seguono vie e percorsi imperfetti. Nel tempo ci sono stati artisti legati all’ambiente, per esempio nella land-art, nell’arte povera e nell’arte pubblica. Sono artisti che hanno operato con grande sensibilità e poesia, ma il linguaggio, appunto, poetico è ben lungi da quello sociale e politico, raggiunge altre sfere della mente e dell’animo umano.
É sicuro che non è compito dell’artista quello di essere un “attivista politico”, ma è anche vero che l’artista è un uomo sociale e deve proporre domande, dubbi, incertezze, emozioni. Sta poi allo spettatore lasciarsi coinvolgere, ragionare, soffrire, gioire.
Purtroppo da sempre e sempre di più il Dio-denaro domina le azioni degli uomini ed è difficile pensare che alcuni soggetti della società – gli artisti –  facciano quello che altre persone deputate a quelle funzioni non fanno. Siamo governati dalle grandi holding chimico-farmaceutiche e agro-alimentari, dalle banche e dalle finanziarie che speculano su ogni cosa e gli artisti che si mettono in gioco e trattano argomenti scomodi – come l’ecologia – non bucano facilmente il muro di gomma costruito dal potere economico. Quindi difficilmente hanno un pubblico adeguato per rendere il loro impegno efficace, diffuso, permeante. Rimangono ai confini del sistema, quasi “come rifiuti”.

Ma qual è, secondo te, la reale influenza dell’arte sui comportamenti  dell’uomo. Si potrebbe fare di più?

L’arte sicuramente ha una forza emotiva molto grande che però si sviluppa in modo soggettivo. Personalmente  penso che non abbia alcuna influenza sui comportamenti umani di gruppo: la maggior parte della gente scappa dai problemi, figuriamoci se proposti da un artista. Non vedo una grande attenzione nei confronti di quei pochi artisti che vogliono trasmettere i valori dell’ambiente, della biodiversità, degli equilibri uomo-natura, dell’instabilità collettiva.

A volte è il contesto a creare la relazione tra arte e ambiente, come la recente “Art Jungle” a Venaria Reale, a cui hai partecipato. Ma non è questo un percorso un po’ troppo scontato?

Diciamo che quello non era il fine della mostra, era solo una mostra di scultura in un giardino. Ci sono altri esempi dove il rapporto arte e ambiente acquista una vera valenza concettuale, per esempio alla Associazione Arte Sella di Trento. Tra i “curatori-critici” di mostre è comunque ancora rara questa sensibilità e i giovani artisti, pur di partecipare alle grandi esposizioni internazionali o essere presenti nelle gallerie di tendenza “vendono l’anima al diavolo” e producono opere ”alla moda del momento”, facendo felici i curatori e i collezionisti.  Parlare di problemi oggettivi così importanti per il presente e ancor di più per il futuro, come l’ambiente e il suo domani, non è una cosa interessante o meglio sembra una cosa banale. Purtroppo.

Nei tuoi lavori hai spesso mischiato universi urbani, tecnologie (alte/basse), biologia, simulacri umani, frammenti che costruiscono mondi. Qual è il tuo percorso narrativo? C’è un messaggio “ambientale” o “sociale” che fa da trait d’union nel tuo modo di sentire e di fare arte?

Sicuramente tutto quello che faccio – dalla pittura all’installazione, dai lavori digitali alla scultura fino ai semplici disegni – ruota attorno all’uomo e al suo comportamento, sia come essere sociale che come ospite di questo mondo. Sono molto attratto dal futuro e da come l’uomo ci stia andando: le biotecnologie, i neurotrasmettitori, le protesi, la fame nel mondo, le guerre, le migrazioni mi ronzano nella mente e mi stimolano a costruire il mio messaggio artistico. Le mie opere sono delle tragi-comiche sintesi umane e metafore di un mondo sempre più lontano dall’uomo. Si! Io penso che l’uomo abbia allontanato, dimenticato, omesso la parte naturale di sé per trasformarsi in un essere “pluritrapiantato”, proteso a un’immortalità che teoricamente lo porterebbe vicino a Dio per un goffo tentativo di emulazione.

Tu hai esposto in Italia e all’estero, da Bruxelles a Tel Aviv, da Den Haag a Praga, a Strasburgo, in Germania, perfino in Albania. Vedi sensibilità diverse nella relazione tra arte e ambiente?

Tra arte e ambiente non ho percepito particolari tensioni. Ma ho notato come tutti i paesi lavorino con i bambini per aumentare il grado di sensibilità e cerchino di costruire un rispetto concreto per l’ambiente promuovendo comportamenti più attenti.. In Olanda ho notato un impegno molto alto, i bambini vengono educati con attenzione all’ambiente in cui vivono. La Germania ha già fatto sin dagli anni Ottanta un grande lavoro e un grande artista tedesco come Joseph Beuys si è speso nella ricerca di un’armonia tra uomo e natura. La sua sensibilità  alle tematiche ecologiste aiutò la nascita del movimento dei Verdi. In Israele ho visto un gran lavoro per rendere la terra fertile, sono riusciti a fare cose fantastiche coltivando specie particolari e ruotando le coltivazioni .E anche qui una grande attenzione viene data all’educazione infantile dove i problemi ecologici sono una priorità.
Sicuramente da questa educazione nasceranno dei nuovi artisti con un rispetto per l’ambiente molto forte e probabilmente la loro arte ne sarà influenzata. D’altronde è nella natura che l’artista individui stimoli, forme e strutture per cogliere il nuovo. La natura stimola l’arte sia nelle sue zone più limpide che in quelle d’ombra.


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