PLASTICA SOSTENIBILE? SI PUÒ FARE!

7 Gen, 2021 | Focus Italia

La “rivincita” della plastica: può essere sostenibile e, unita ad altri elementi, può costituire un alleato per un packaging di lunga durata ed amico dell’ambiente

La plastica è nemica dell’ambiente? A giudicare dalle immagini degli oceani e delle spiagge zeppe di rifiuti plastici, verrebbe da dire di sì.

Si stima che la produzione di plastica mondiale ammonti a circa 9 miliardi di tonnellate, la maggior parte dei quali diventa rifiuto, materiale di scarto e destinato ad un unico e singolo utilizzo.

Se si riciclasse tutta la plastica solida di scarto si potrebbero risparmiare 3,5 miliardi di barili di petrolio perché il riciclo e il riuso hanno un costo inferiore rispetto a una produzione ex novo. Ma il risparmio è anche per l’ambiente, sia per la minor quantità di rifiuti prodotti (e i loro effetti sugli ecosistemi) sia per la riduzione delle emissioni dei gas serra e l’indipendenza dal petrolio, ora necessario per la produzione.

La plastica, di per sè, è un materiale valido e funzionale, perchè facile da modellare, resistente agli urti, all’umidità, ai detergenti, ai cambiamenti di temperatura, biocompatibile ed economico. Durante l’emergenza sanitaria la plastica si è rivelata indispensabile per contenere i contagi grazie a rivestimenti protettivi per gli alimentari, dispositivi sanitari e contenitori per medicinali e disinfettanti.

Ma, certamente, il problema principale riguarda la degradabilità e l’impatto che questo materiale ha sull’ambiente.

Da diversi anni la tecnologia e la ricerca nello studio dei materiali cercano di trovare soluzioni innovative che uniscano le esigenze di durevolezza del prodotto a quelle di degradabilità e di basso impatto ambientale.

In Italia esistono realtà di piccole e medie imprese che sono riuscite a realizzare confezioni in plastica perseguendo valori e obiettivi di sostenibilità.

Uno degli esempi più recenti è quello di MPG Spa, azienda industriale di Gallarate specializzata nella produzione di imballaggi rigidi in plastica termoformata ed iniettata per il confezionamento degli alimenti.

L’azienda ha realizzato imballaggi in plastica rigida derivanti da materia prima con ridotto impatto ambientale, traducibile in un risparmio fino a 2,5 Kg di CO2 per Kg di polimero prodotto rispetto alla produzione di polimeri tradizionali, ottenendo recentemente la certificazione ISCC Plus (International Sustainability & Carbon Certification) per il suo packaging alimentare che unisce la plastica a materiali rinnovabili a base vegetale in maniera sostenibile sia a livello sociale che ambientale.

Molte imprese hanno cercato di adeguare i propri processi produttivi al fine di favorire un minor uso di plastica, il riciclo e il giusto smaltimento alla fine del ciclo di vita.

Ferrarelle, noto marchio dell’imbottigliamento dell’acqua, è riuscita a implementare un sistema innovativo per la realizzazione delle bottiglie che consente l’utilizzo del materiale vergine solo per il 50%, mentre il restante 50% è R-PET (PET riciclato a impatto zero), percentuale massima consentita dalla Legge per uso alimentare (decreto del 20 settembre 2013, n.134).

Prima di essere riutilizzato, il PET viene riportato allo stato “vergine” grazie a un sistema di lavaggio e purificazione, che permette di eliminare eventuali sostanze dannose presenti in precedenza. Con questo sistema una bottiglia può essere riciclata potenzialmente infinite volte per diventarne una nuova e identica all’originale e lo stabilimento dove è stato avviato ha già riciclato oltre 7 mila tonnellate di PET.

Altre aziende hanno sostituito la plastica con materiali che possano rispondere agli stessi utilizzi, ma meno dannosi dal punto di vista ambientale perché nati da materie prime di origine biologica anziché dal petrolio.

E’ il caso di Colussi che, in collaborazione con Novamont, Saes, Sacchital e TicinoPlast, ha lanciato il primo packaging compostabile ma con effetto barriera all’ossigeno e all’umidità per prodotti a lunga conservazione. L’imballo biodegradabile può essere compostato insieme agli altri scarti alimentari, contribuendo così a fornire materia organica pulita per la rigenerazione e il mantenimento della fertilità dei suoli.

E se è vero che ognuno di noi può fare la propria parte, anche un’app può fare la differenza quando si parla di plastica riciclata: Junker, applicazione sviluppata da una startup bolognese, rende semplice e corretta la raccolta differenziata e di conseguenza il giusto smistamento dei rifiuti.

La piattaforma è in grado di riconoscere, attraverso la scansione tramite fotocamera, oltre 2 milioni di prodotti e indicare come e in quali bidoni devono essere gettati, mettendo a disposizione una mappa delle aree ecologiche nelle vicinanze e tenendo anche conto delle diverse normative tra Comuni. Junker è stata tradotta in dieci lingue ed è disponibile anche per i non vedenti.